INTERVista a JULIEN DURAND

 

CONTADINO E PORTAVOCE DELL'ASSOCIAZIONE ACIPA CONTRO IL PROGETTO D'AEROPORTO DI NOTRE-DAME-DES-LANDES

 


"Vorrei portare una visione della ZAD che non è la più conosciuta come quella degli zadisti e del nuovo movimento di occupazione, ma quella del vecchio movimento di resistenza, della lotta contadina, dell'occupazione storica dei siti.

È una storia meno comune, ma non meno importante per il suo contributo alla lotta".

Julien Durand è nato a Notre-Dame-des-Landes nel 1946. Lui e sua moglie sono agricoltori in una fattoria di 30 ettari, 50 ettari alla fine della loro carriera. Ha sempre vissuto a Notre-Dame-des-Landes. Coinvolto fin da giovane nel CDJA e nella "confédération paysanne" come sindacalista contadino, è stato anche assessore al tribunale dei "baux ruraux" di Saint Nazaire come rappresentante per la difesa dei contadini per circa 15 anni, che è l'equivalente del tribunale per gli operai, del tribunale del lavoro.

Come è collegato alla ZAD? Ha avuto un ruolo, attivo o passivo, legato al movimento ZAD?

Sono legato alla ZAD perché ci vivo, la mia fattoria è proprio qui accanto. Il problema del progetto dell'aeroporto è nato per gli abitanti locali negli anni '70. Mi interessava fin dall'inizio perché era un progetto venuto fuori dal nulla, ma negli anni '70 le informazioni erano scarse, dovevamo andare a tirarle fuori noi. All'inizio è stata creata un'associazione, l'ADECA (associazione per la difesa degli agricoltori interessati dal progetto aeroportuale) creata nel 1973 e strettamente legata alla professione agricola. Attraverso questa associazione ho sempre avuto un ruolo attivo nella lotta. Molti di noi si sono ispirati alla resistenza del Larzac perché era in quegli anni. Personalmente sono stato coinvolto nella lotta dal 1970, fin dai suoi inizi, è diventata piuttosto intensa a partire dal 2003, quando abbiamo negoziato e ottenuto un dibattito pubblico sul progetto che è durato quasi un anno e poi tutto si è susseguito uno dopo l'altro. Dall'inizio della mia pensione nel 2006 ho dedicato il 90% del mio tempo al servizio della lotta.

Qual era l'obiettivo iniziale della vostra associazione?

Nel ‘73, all'inizio della creazione della ZAD come zona da difendere (contro la zona a sviluppo detta a lungo termine), l'obiettivo principale era quello di evitare che il territorio agricolo diventasse un deserto industriale. Questo era infatti l'obiettivo di questa zona che è stata ufficializzata nel ‘73 con l'obiettivo di un progetto aeroportuale che avrebbe dovuto aprire nel 1985. Fu poi introdotto il diritto di prelazione, se c'erano terreni o fattorie in vendita solo il consiglio dipartimentale poteva acquistarli. Quindi abbiamo dovuto intraprendere un'azione sindacale per poter rioccupare, queste terre e per continuare a far avvicinare i giovani al mondo dell’agricoltura. Questo ci ha portato a discutere di accordi di occupazione precaria, accordi che hanno sostituito le locazioni rurali, che ci hanno dato la possibilità di avere un po' di fiducia dal credito agricolo per ottenere prestiti, che ci hanno permesso di continuare a mantenere i terreni agricoli. Negli anni successivi il progetto è rimasto nel cassetto, e così negli anni '90 non ci abbiamo più creduto affatto, così la vita è andata avanti come se nulla fosse successo.

Nel 2000 Jospin ha deciso di rilanciare il progetto, quali sono state le conseguenze per la ZAD?

All'inizio, c'è stato un'incomprensione. Con il rilancio del progetto c'è stato la creazione dell'ACIPA nel novembre 2000. Personalmente la nostra fattoria si trovava ai margini del sito. Non avevamo terreni direttamente interessati dal progetto. Quando il progetto è stato rilanciato negli anni 2000, sono stato coinvolto nell'ACIPA e nel sindacalismo. Come già detto, ho avuto un ruolo attivo nel movimento attraverso il mio ruolo di portavoce dell'ACIPA per 6 anni.

Come portavoce dell’ACIPA, può spiegarci qual è lo scopo di questa associazione?

All'inizio, negli anni 2000, l'obiettivo principale era la difesa dei terreni agricoli, a livello di sindacalismo contadino la lotta era centrata sulla perdita degli strumenti di lavoro. Molti pensano che i contadini siano tutti proprietari, ma in realtà non è vero, tutti noi possediamo più o meno qualcosa nella nostra fattoria, ma come regola generale nella Loira Atlantica siamo proprietari della casa, degli edifici della fattoria e di alcuni ettari. Con l'ACIPA ci siamo sempre posizionati sul territorio come strumento di lavoro, sulla difesa e contro la perdita del nostro lavoro, per dirla in poche parole, lo abbiamo vissuto questo come una lettera di licenziamento collettivo come lavoratori in fabbrica.

 

Quando il progetto è stato rilanciato nel 2000, abbiamo preso posizione con l'ACIPA per dire: ci mancano le informazioni, abbiamo un aeroporto a Nantes-Atlantique, non è ancora saturo, possiamo migliorarlo, se ci viene dimostrato che non possiamo fare nient'altro ce ne andremo, lasceremo la nostra terra, ma ci dimostreremo prima che non possiamo fare altrimenti. Per noi, c'era la possibilità di pensare di sviluppare Nantes-Atlantique, forse  mettendo in rete tutti gli aeroporti dell'Ovest, cioè gli aeroporti di Rennes, Angers e Nantes. All'epoca questo ragionamento era già stato proposto, ma nessuno sembrava volerlo prendere in considerazione.

 

La mia principale motivazione personale era la difesa della terra come strumento di lavoro, come terra da proteggere dall'uomo. Naturalmente dovete capire che dire questo nel 1970 era meno cruciale di oggi perché pochissime persone prestavano attenzione all'ambiente. Oggi, se guardiamo le elezioni politiche, è chiaro che la visione e la riflessione ambientale dei cittadini si è sviluppata molto, è molto chiaro e non questa cosa non si perderà perché purtroppo sta diventando sempre più attuale.

Quali sono state le basi della sua lotta e di quella dell'ACIPA?

Nel 2000 abbiamo iniziato a mobilitarci con l'ACIPA, ci siamo basati principalmente su tre pilastri, il primo era l'informazione e la mobilitazione dei cittadini, perché ci siamo resi conto che non era semplicemente una lotta contadina e che sarebbe stata un'unione di tutta la popolazione che ci avrebbe fatto vincere contro questo progetto. Per questo motivo abbiamo fornito informazioni, dai posti più vicini ai più lontani, e infine organizzato incontri pubblici in tutta la Francia. Il secondo pilastro si basava sulla creazione di un comitato giuridico e il terzo pilastro si basava su un comitato che si occupava dei rapporti con i partiti politici. Eravamo convinti che si trattasse di un progetto di grande importanza, inizialmente basato solo su Nantes, ma che poi è diventato un progetto nazionale per il suo finanziamento, così abbiamo subito istituito una commissione per contattare tutti i partiti per cercare di far capire loro le nostre posizioni. Quindi abbiamo tre pilastri:

1) Azioni dei cittadini con manifestazioni, mobilitazioni, informazioni...

2) Aspetto legale

3) Aspetto politico

Ha ottenuto qualche risultato, se sì, quali risultati?

Sono stati raggiunti diversi risultati per la volontà di ferro dei membri dell'ACIPA. Ci siamo resi conto, nel gennaio 2012, quando abbiamo ricevuto gli ordini di esproprio per coloro che non volevano negoziare la loro partenza fuori dal tribunale, che nulla impediva loro di iniziare i lavori, ma all'epoca eravamo convinti che, dal punto di vista legale ambientale, avremmo potuto vincere, e ci siamo detti che avrebbero iniziato i lavori e che, in seguito, avremmo potuto vincere sul fronte ambientale, ma sarebbe stato troppo tardi. Una prima vittoria è stata quella di essere riusciti a raggiungere un accordo politico grazie allo sciopero della fame e quindi, grazie a 6 persone che l'hanno fatto per 28 giorni, nell'aprile 2012 è stato raggiunto un accordo politico. Avevamo ricevuto una promessa dall'allora neo-presidente della repubblica, François Hollande, che non sarebbero stati espulsioni degli abitanti storici della zona fino a quando non fossero stati esauriti i rimedi giuridici ambientali. Questo ci ha permesso di sfruttare tutte le scappatoie legali, così abbiamo portato i nostri ricorsi a livello regionale, nazionale ed europeo.

Quando, come e perché è nato l'attuale movimento di occupazione zadista?

Ogni anno abbiamo organizzato una reunione estiva nel mese di luglio e nel 2009 abbiamo deciso di sostenere un campo di "azione per il clima", che è dove è nata l'idea dell'occupazione della ZAD da parte di persone non locali. La vera occupazione è iniziata nell'inverno 2010-2011. Dal 2010 in poi, la gente veniva da fuori. Nel 2009 avevamo alcune case libere in cui erano rimasti gli occupanti, case e vecchie fattorie che erano state acquistate dal consiglio dipartimentale. Allo stesso tempo, come in tutte le zone aeroportuali, intorno alla linea di delimitazione dei lavori, c'era una zona detta da determinare nella quale la gente poteva anche vendere la propria casa trovando accordo con il consiglio dipartimentale, si chiamava all'epoca "comprare la pace sociale". Si trattava di vendite con diritto di prelazione, se la gente voleva vendere non aveva scelta, c'era un solo interlocutore e questo fino al 2003. Abbiamo organizzato la nostra resistenza molti anni prima, quindi lo stato d'animo della popolazione locale era asato sul rifiuto generale. Ecco perché, quando diverse case della ZAD sono rimaste vuote, siamo entrati in contatto con persone di Nantes, occupanti abusivi, che erano particolarmente interessati alle case. Così li abbiamo “trasferiti” lì e abbiamo iniziato ad occuparsi insieme dei rapporti. Tre settimane dopo che questa occupazione è stata ufficializzata, il consiglio dipartimentale è riuscito ad affittare le case nelle vicinanze, per paura, quindi c'era davvero una cattiva intenzione da parte loro.

Molti eventi si sono verificati durante i lunghi anni di lotta sulla ZAD di Notre-Dame-des-Landes, secondo lei quali sono stati gli eventi più eclatanti?

A mio avviso, uno degli eventi più eclatanti è stato l'arrivo di un'ondata di occupanti abusivi che hanno occupato sia i terreni che le case, costruendo capanne in un gran disordine e senza previa consultazione dopo il campo di "azione per il clima" dell'agosto 2009, cioè quindi nell'inverno del 2010. È stato allora che abbiamo dovuto entrare in contatto con loro come associazione per spiegare come funziona il luogo e per far capire loro che dovevano rispettare la gente del posto, gli abitanti. L'area di Notre-Dame-des-Landes è una zona di allevamento, una zona umida, quindi non tollera i cani liberi che vanno ovunque e attaccano il bestiame. Gli zadisti dovevano rendersi conto che c'erano altre persone, che dovevano parlare tra loro e adattarsi, soprattutto alle colture e al bestiame, cioè non attraversare i campi prima del raccolto e non tagliare le recinzioni degli animali. Era quindi necessario svolgere un lavoro di spiegazione e di educazione. L'associazione è stata ritenuta responsabile anche dalla popolazione perché pensava che eravamo stati noi a portarli qui e se c'erano problemi eravamo ritenuti responsabili. Così abbiamo dovuto agire come mediatori quando c'erano conflitti. Dal 2012 in poi, sono stati emessi ordini di espropriazione, l'occupazione è diventata più importante e abbiamo organizzato riunioni regolari, ogni mese, assemblee generali.

 

Un altro evento importante è stata la famosa Operazione Cesare per espellere tutti gli abitanti della ZAD tranne gli abitanti storici. All'epoca c'era un'alleanza di circostanze che si è svolta nel 2012, 2013, 2014. In seguito, gli incontri regolari tra il movimento di occupazione e le associazioni contadine e i partiti politici sono diventati più frequenti. Questo ha reso possibile lo scambio di idee e talvolta la realizzazione di azioni comuni, anche se siamo sempre rimasti indipendenti su tutto ciò che volevamo fare con l'ACIPA. Ci furono scontri perché il movimento ZAD era diventato a un certo punto piuttosto consistente, era stato creato un luogo di resistenza e di incontro per l’associazione chiamata "la Vache Rit" (la Mucca che ride), il movimento voleva essere la capofila e prendere il controllo della situazione. L'ACIPA ha detto di no. Non volevamo essere coinvolti nei problemi legati alla repressione. Il principale mezzo di resistenza per noi era la non violenza, non dovevamo entrare nella spirale della violenza della polizia. Abbiamo avuto sei mesi di occupazione militare, e spesso siamo andati a distribuire volantini a tutte le stazioni di polizia perché la maggior parte di loro non sapeva cosa stava facendo lì.

Il 17 gennaio 2018 il Primo Ministro Édouard Philippe ha annunciato l'abbandono definitivo del progetto di Notre-Dame-des-Landes. Secondo lei, è davvero la fine della ZAD? Come si conclude quest'avventura per lei?

È solo l'inizio. In conclusione, siamo riusciti a sviluppare gli scambi sociali tra le condizioni di vita dei contadini e le condizioni di vita dei lavoratori. Abbiamo scoperto il mondo degli "squats" (occupazioni abbusive), ci siamo adattati alle circostanze, non volevamo entrare nel sistema di resistenza fisica e poliziaria, ma di argomentazione per convincere la popolazione. Oggi nella ZAD ci sono giovani che vogliono rimanere, che hanno progetti agricoli, e noi continuiamo ad aiutarli a familiarizzare con le strutture amministrative. Quando vediamo che questi giovani che sono arrivati nella ZAD, rifiutando qualsiasi sistema sia politico che amministrativo e rifiutando l'autorità dello Stato, vengono con noi oggi in prefettura per discutere i problemi degli impianti agricoli, ci sentiamo utili e orgogliosi. D'altra parte, ci sono anche punti negativi, uno sfondo di violenza della polizia si era stato installato per decenni all'interno della ZAD, e i radicali anarchici della ZAD non se ne sono andati tutti. Così oggi c'è una repressione interna tra loro, tra chi accetta di entrare nel sistema e chi si rifiuta di entrarci nonostante tutto. Quindi non è ancora finita. C'è ancora un clima che è rimasto malsano nella ZAD, ma ora è più interno al movimento di occupazione che nei rapporti tra il precedente movimento di occupazione e le associazioni.

Conosce il movimento "No TAV"? Pensa che ci siano delle somiglianze tra questi due movimenti?

Ne ho sentito parlare spesso, sì. Gli echi del progetto TAV sono frequenti sulla ZAD. Inoltre, abbiamo spesso notizie sull'andamento della lotta, perché abbiamo uno sguardo su tutte le lotte che si stanno svolgendo ovunque. C'è anche un gruppo di persone della ZAD che andavano e venivano da Notre-Dame-des-Landes alla Val di Susa. Anche noi abbiamo avuto dei No TAV per un po' di tempo nella ZAD e abbiamo visto gli zadisti partire come rinforzi anche lì. Possiamo vedere che c'è molta solidarietà tra il movimento ZAD e il movimento No TAV. Ci sono molti attivisti che fanno avanti-indietro, come si dice. Oggi c'è una grande interconnessione tra tutti questi movimenti, un po' come è successo per noi negli anni '70 e '80 con la lotta del Larzac all'inizio della ZAD, per esempio. Personalmente, penso che sia nel nostro interesse avere menti convergenti che combattono perché abbiamo sempre qualcosa da imparare dagli altri. Il tabù, d'altra parte, è che non dovremmo copiare, perché il carattere dei militanti è legato anche al territorio, al locale. Per una lotta come quella di Notre-Dame-des-Landes, sono convinto che non avremmo vinto la battaglia se non avessimo avuto un ancoraggio locale estremamente forte, gli zadisti da soli non sarebbero stati in grado di impedire il progetto, era complementare. Se fossero stati da soli, l'apparato militare li avrebbe schiacciati. Tuttavia, ognuno di noi era sensibile al proprio livello di resistenza e questa complementarietà ci ha reso forti.

 

Tutti hanno avuto la loro parte nel successo e credo che questo sia ciò che dobbiamo ricordare.

Secondo lei, ogni movimento ZAD può prendere esempio da quello di Notre-Dame-des-Landes e quindi portare anche all'abbandono del progetto? È un esempio per altre lotte?

Sì, anche se, come ho detto, ogni lotta è unica perché ancorata localmente, penso che Notre-Dame-des-Landes avrà dato il coraggio di resistere a molte persone. Personalmente, non abbiamo mai cercato di far quest'effetto e non ce ne siamo mai accorti. Ora ci rendiamo conto dell'importanza di ciò che abbiamo fatto e siamo lieti di vedere che troveranno soluzioni per Nantes-Atlantique, e che quindi eviteremo di sprecare denaro pubblico e terreni agricoli. Infine, vediamo quindi che forse il modello di sviluppo della società e la pianificazione regionale dovrebbe essere rivisti.